lunedì 11 giugno 2018

La Poetica aristotelica

Nella Poetica il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) studiò la natura e il fine della creazione poetica.
Nell’introduzione l’autore si proponeva di trattare dopo la tragedia e l’epos –temi del testo che ci è stato tramandato- anche la commedia. Numerose testimonianze di storici e autori antichi (ad esempio Diogene Laerzio) parlano di un secondo libro della Poetica, dove sarebbe appunto affrontato il tema del comico, libro che però non è mai stato ritrovato.
Nell’opera Aristotele sviluppa soprattutto due concetti: mimesi e catarsi. Secondo lui la mimesi artistica non riproduce passivamente la parvenza delle cose, come aveva detto Platone, ma le ricrea secondo una nuova dimensione che rendendo simbolici i contenuti dell’arte li universalizza. Inoltre la finalità dell’arte consiste nella purificazione delle passioni (catarsi), perché suscita sentimenti ed emozioni che liberano l’uomo dalle sue passioni.

IL  GENERE                                                                                                                                                                                 
  • Storico: la vicenda narrata è collocata in un tempo storico preciso con riferimenti a fatti realmente accaduti.
  • Poliziesco: la struttura è quella tipica di un ‘giallo’, con omicidi da svelare e misteri da risolvere; il protagonista e il suo aiutante richiamano le figure di Sherlock Holmes e Watson, personaggi dei romanzi di A.Conan Doyle, ma si collegano anche ad altri polizieschi, come alcune opere di A.Christie e Todo Modo di L.Sciascia.
  • Gotico: ricordano questo genere l’ambientazione medievale, certe descrizioni (l’abbazia),l’atmosfera cupa e misteriosa che caratterizza alcuni personaggi e vicende (Malachia). Il collegamento più diretto è con il romanzo di A.Radcliffe Il confessionale dei penitenti neri.
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  • Ideologico: sono presenti i grandi conflitti politici e culturali dell’epoca (Impero contro Papato, francescani contro benedettini, ricchezza contro pauperismo, ortodossia contro eresianominalismo contro realismo, riso contro serietà, ecc.).
  • Allegorico: il romanzo può essere letto a più livelli e assumere vari significati; si può considerare ad esempio un ‘romanzo a chiave’ sulla realtà politica dell’Italia degli anni Settanta (in particolare la vicenda delle Brigate Rosse e l’omicidio dell’onorevole Moro: L’affaire Moro di L.Sciascia).
  • Semiotico: l’opera è un tessuto di altri testi, cioè un libro fatto di altri libri , attraverso le molteplici relazioni intertestuali; inoltre è anche un romanzo sul libro (si cerca il secondo libro, perduto, della Poetica di Aristotele).
  • Enigmistico: il libro è anche una ‘macchina per giocare’ dove la caccia alle citazioni è fine a se stessa e il lettore partecipa all’investigazione.

L' etica e la politica di Aristotele

La filosofia pratica è chiamata da Aristotele complessivamente "scienza politica", in quanto il bene della pólis comprende quello del singolo individuo. Essa contiene dunque anche l'etica, che è la parte dedicata al bene del singolo. Nella sua maggiore opera di etica, l'Etica nicomachea, Aristotele mostra che il bene ultimo dell'uomo, cioè la felicità, consiste nell'esercizio abituale e perfetto della funzione che gli è propria, ossia consiste nella virtù. Ci sono tuttavia virtù etiche, che riguardano le funzioni della parte non razionale dell'anima e consistono nel giusto mezzo tra due vizi opposti (per esempio: il coraggio, giusto mezzo tra viltà e temerarietà; la generosità, giusto mezzo tra avarizia e prodigalità), e virtù dianoetiche (dal greco dianóesis: pensiero), che riguardano le funzioni della parte razionale e sono fondamentalmente la saggezza e la sapienza. La saggezza (o prudenza), è la virtù dianoetica che rende possibili le virtù etiche, individuando nelle situazioni particolari il giusto mezzo, ossia ciò che si deve fare; la sapienza invece consiste nell'esercizio della conoscenza come fine a se stessa e in essa è riposta la felicità suprema.
Nella Politica Aristotele definisce la pólis come la società perfetta, cioè autosufficiente, nella quale l'uomo può realizzare il vivere bene, la felicità. Essa è l'unione di più famiglie e villaggi ed è una società naturale, come la famiglia, perché l'uomo è per natura un animale politico, cioè fatto per vivere nella pólis. La famiglia comprende, oltre ai genitori e ai figli, anche gli schiavi, che a volte sono tali per natura, cioè perché non sanno governarsi da sé: essa perciò è una società di disuguali. La pólis invece è una società di liberi e uguali (i capifamiglia), perciò deve avere un tipo di governo diverso da quello che è proprio della famiglia.
L'ordine delle funzioni interne alla pólis, compresa quella del governo supremo, è stabilito dalla costituzione, che può essere monarchica (governo di uno), oligarchica (governo di pochi meritevoli) o democratica (governo del popolo, cioè degli uomini liberi). La costituzione migliore è quella intermedia fra aristocrazia (governo dei migliori) e democrazia, detta politéia (cioè costituzione per eccellenza), in cui la maggior parte dei cittadini sono in una situazione media, cioè non sono né troppo ricchi né troppo poveri. Nella costituzione migliore i cittadini governano a turno, per essere poi liberi di dedicarsi alle attività fini a se stesse in cui consiste la felicità.

La logica aristotelica

Insoddisfatto del “dialogo” usato come sistema di filosofare dal suo maestro Platone, Aristotele osserva che nel dialogo non tutte le modalità di esprimersi sono adatte alla filosofia. Se la filosofia è la ricerca del vero, allora bisogna togliere dal dialogo tutti i discorsi che non sono chiari e non riguardano il vero o il falso. Non basta la DIALETTICA o arte del ragionamento corretto, “tecnica dell’argomentazione corretta”: bisogna togliere le domande, gli ordini, le esclamazioni e  le preghiere. 
La filosofia teoretica ha come oggetto la CONOSCENZA, dunque necessita di un linguaggio scientifico: quello offerto dall’analisi logica. Quest’ultima mette in rapporto un termine-soggetto con un termine che ne predica qualcosa. Soggetto + Predicato formano la PROPOSIZIONE, cioè l’ espressione linguistica di un predicato o giudizio. I termini (parole) sono specchio dell’anima, e quindi ad ogni termine corrisponde una sostanza (soggetto) o un attributo (predicato: in greco “categoria”). Il discorso logico può essere affermativo (A è B) o negativo (A non è B), e ad esso corrisponde nella realtà l’essere e il non-essere. Sostanza prima è quella rappresentata con il termine che funziona solo da soggetto e mai da predicato. Si tratta cioè di sostanza individua: p.e. “Socrate”, tutti gli altri termini sono “sostanza seconda” cioè specie o generi, tutti inquadrabili in 10 categorie-predicabili: sostanza, quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, azione, passione, posizione, possesso.  
spetta dunque ad aristotele il merito di avere creato le categorie e lo stesso linguaggio cui il metodo filosofico fa riferimento. 
Il lavoro aristotelico si propone come metodo, quale progressivo raffinamento di una tecnica del pensare. 

La Poetica aristotelica

Nella  Poetica  il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) studiò la natura e il fine della creazione poetica. Nell’introduzione l’autor...